sabato 10 gennaio 2015

Cremona, lo stile di una città

Presento un ottima sintesi della storia artistica di Cremona a firma di Elda Fezzi.
Si tratta dell'introduzione al testo "Cremona lo stile di una città", un suo libro in una pregevole edizione illustrata del Credito Commerciale del 1983
Elda Fezzi è stata non solo una presenza importante nel panorama italiano della critica d'arte, ma anche una straordinaria insegnante di lettere delle Scuole Superiori, impegnata ad aprire la sensibilità dei giovani alla cultura, alla bellezza, all'arte, quali elementi essenziali per la loro formazione.
Elda Fezzi, nata il 10 gennaio 1930 a Grafignana di Lodi, si è spenta a Cremona il 21 febbraio 1988.
Dopo gli studi classici, ha frequentato la Facoltà di Lettere moderne all'Università di Bologna, allieva di Roberto Longhi e Francesco Arcangeli. Si è laureata nel 1953 discutendo la tesi "Rapporti tra cubismo e futurismo nell'arte moderna". Giovanissima è stata assistente di Pallucchini alle Biennali di Venezia del 1954 e 1956. Si è dedicata subito all'insegnamento delle materie letterarie, coltivando parallelamente l'interesse per la critica d'arte. Nel 1954 ha iniziato la sua collaborazione con il quotidiano cremonese "La Provincia" durata fino alla sua scomparsa.


Uno sguardo rapido, ma portato sulle più reali e suggestive prove delle vicende storico-artistiche di Cremona, s’incontra dapprima con i resti, sparsi ma consistenti, della città a quadranti fondata dai Romani sullo scorcio del 1110 secolo a.C.
Dei secoli romani rimangono non solo testimonianze libresche più che prestigiose, come quella che dice Virgilio scolaro del gymnasium cremonese, ma anche manufatti legati alla struttura dell’abitato, mosaici pavimentali e reperti architettonici di notevole valore e significato, per intendere lo sviluppo dell’antica colonia e castrum in un centro municipale di considerevole importanza strategica. 
Tale situazione è ancora oggi riconoscibile nella diramazione di strade e canali di fondazione romana che partono-convergono sulla città. 
La struttura del centro cittadino, e i reperti che, di tempo in tempo, vengono riscoperti e raccolti nel museo archeologico locale, forniscono i dati di una crescita economica e politica, urbanistica e sociale, ancor più vistosa in epoca imperiale.
Rari e discussi i segni del tardo Impero e del periodo bizantino e longobardo. 
Una data storica memorabile resta la presa della città da parte dei Longobardi, con l’assedio e la distruzione nel 603 d.C.
Fonti preziose sono i documenti giuridici di mano carolingia, e poi vescovile, e le costruzioni documentate dal X secolo in poi, quando la città vive intensamente i contrasti post-feudali, e in seguito le aspre battaglie che precedono la fase Comunale, in cui si vedranno rifiorire i traffici, le corporazioni di “arti e mestieri’ e lavorare maestranze edili provette. 
Il centro abitato si ampliava; il nucleo più antico, reso già vitale dalla presenza e dall’autorità vescovile, particolarmente attiva nei secoli VIII-XI, una cittadella fortificata, munita di duplice cinta muraria e sette torri, cadeva sotto i colpi della nuova classe, la borghesia dei commerci in lotta contro il vescovo Landolfo (c. 1027).
Ai secoli X-XI vanno riferite le origini o gli sviluppi di complessi monastici di rilievo da San Lorenzo a San Pietro al Po, San Benedetto, San Salvatore, San Vittore, Sant’Agata; vengono ricostruite altre chiese di fondazione più antica: San Michele, San Silvestro.
Lunga e animata vicenda è raccontata anche, e soprattutto, dal grande centro urbanistico-architettonico costituito dalla Cattedrale, dal Battistero, dal Palazzo Comunale, dal Palazzetto dei Militi: opere che risalgonoal XII secolo, ma portano i segni di molteplici ricostruzioni in altre epoche, particolarmente nel ‘300, nel ‘400, nel ‘500; nonché di rimaneggiamenti sette-ottocenteschi che ne ridisegnano talora i dettagli rinascimentali con gusto “neogotico”, accentuando i valori scenografici.
Medievale è l’impianto a raggiera delle strade intorno alla cattedrale e al gruppo dei palazzi comunali, oltre alle conformazioni viarie, residenziali ed ecclesiali di altri nuclei urbani, mentre appare sviluppato, e accertabile nelle sue linee fondamentali, l’assetto ricevuto dalla città con il dominio dei Duchi di Milano, i Visconti e gli Sforza, tra ‘300 e ‘500.
Questa Cremona ebbe veramente un suo stile, legato alla rinascita che collegava la politica delle grandi Signorie del centro-Italia a quelle del nord, gli Sforza, i Gonzaga, Venezia, e a quelle degli Stati europei. 
Si riconosce ancora nella trama urbana, allora ripristinata nelle sue porte e torri a cominciare dalla metà del ‘400, e continuata lungo il corso di quel secolo e del successivo nelle umanistiche, ideali-reali dimore dei gentili huomini (l’aristocrazia della città), dei mercatanti, degli architetti; nei complessi conventuali fiorenti come centri di educazione, di studio, di scienza e di potere. 
Tutti riedificati, con ampliamenti e ornamenti, affreschi, decorazioni in terracotta, soffitti a lacunari con tavelle lignee dipinte. 
Impostati su ampi cortili porticati, divisi in stanze regolate su chiare geometrie, aperte sugli orti retrostanti e sulle vie principali rese più rettilinee. 
A nord-ovest, la città è difesa dalla magnifica “rocha”, il castello ricostruito con ordine e strategia difensiva rinascimentale, arricchito di stanze e giardini in cui si prepara, ai suoi intrighi politici e al suo raffinato mecenatismo, il giovane Ludovico il Moro.
Nonostante le successive manomissioni, distruzioni o decorazioni, rimangono evidenti le tracce della spaciosa et pulcra Cremona degli Sforza, amata e curata dalla ducissa Bianca Maria Visconti, che portò in dote la città e il suo territorio al consorte Francesco Sforza, poi Duca di Milano. 
L’ex piccola chiesa-romitaggio, situata in una zona boscosa ad est della città, fu il teatro delle nozze Visconti-Sforza, svolte con gran “seguito sposereccio” il 25 ottobre 1441. 
Una data ricordata a lungo, ogni anno, dalla popolazione, con feste speciali, religiose e civili, tra le vie ben selciate della città, lungo i palazzetti ben calibrati tra cortili e orti; tra chiese e cappelle decoratissime di pitture, sculture, oreficeria, intagli, intarsi; i muri esterni ben lisciati nel caldo, compatto rivestimento di “pietre cotte”. 
Ancora visibile, oggi, quel tessuto murale contesto in modo da formare quasi un mosaico, secondo un’idea che si trova descritta, come novità progettuale, nel Trattato di Architettura del toscano Antonio Averlino, detto il Filarete, al servizio degli Sforza tra il 1451 e il 1465.
Nel ‘500 la cultura cremonese nel campo artistico, tecnico, scientifico, religioso, storico, arricchita e stimolata dagli scambi internazionali, dai contrasti cruciali che agitano il mondo politico, laico ed ecclesiastico, si manifesta a livelli assai alti, si precisa nelle professioni e nelle personalità, nella crescente produzione di manufatti, libri, stampe, progetti, architetture, affreschi.
La città vede emergere la ricchezza e il potere di alcune famiglie aristocratiche, e di altre legate ai commerci con diverse regioni d’Europa, con la Germania, la Svizzera, le Fiandre. Mentre il governo spagnolo favorisce la creazione di apparati sontuosi, di cerimonie costose, in particolare per l’arrivo dei regnanti (Carlo V, Filippo Il), la Chiesa della Controriforma fa sentire il suo peso sulla città in cui germogliano spiriti liberi, scienziati in odore di eresia.
Del patrimonio storico-artistico che correda il corso del ‘500, del ‘600, e continua fin dentro il secolo “dei lumi”, il ‘700, questo sondaggio sulla città sarà indubbiamente più pescoso che non nei secoli successivi, che pure hanno visto altri fenomeni interessanti nella ricostruzione dell’età austriaca, poi napoleonica, e quindi i lenti sviluppi della città in settori artigianali, industriali, nelle istituzioni bancarie, nelle scuole, nelle attività commerciali. 
Uno dei fattori più antichi, strettamente inerenti alla fondazione e all’evoluzione della città, alla sua morfologia e alla sua vita, è costituito dal rapporto del territorio col fiume, il Po. 
Elemento connaturale al corpo urbano, provvidenziale e problematico, l’acqua occupò nei secoli gran parte delle cose fatte, progettate, distrutte nella città; degli interessi, degli studi, dei dibattiti affannosi che, ieri come oggi, si sono spesi per un migliore rapporto con il gran fiume e i suoi affluenti, che circondano e attraversano la città e la sua provincia.
Per secoli, dall’opera dei coloni romani, alle bonifiche dei benedettini, ai diversi impieghi del fiume, come via navigabile, arteria vivacissima di scambi  - e purtroppo anche di incentivi malarici, di catastrofi alluvionali, di eserciti nemici - questa presenza ha promosso o sconvolto la vita della città che si trovava in prossimità delle rive, tanto da essere considerata dalle sue origini uno scalo portuale di grande utilità per le regioni del nord d’Italia.
Per comprendere meglio le connessioni particolari fra il territorio e la struttura urbanistico-architettonica della città, altri porterà un contributo alla conoscenza delle morfologie più nascoste dell’habitat e dei suoi edifici tipici, dalle epoche remote ai nostri giorni.
Uno spazio notevole avranno le vicende delle attività artigianali di ieri e di oggi, lo sviluppo delle “arti e mestieri”, e lo stato dell’economia.
Studi che, per essere svolti da specialisti nei diversi campi indicati, ed essendo debitamente illustrati e descritti, dovrebbero risultare chiari e facilmente (e, si spera, piacevolmente) leggibili.
Di questa città, che ha gran fama nel mondo soprattutto per aver dato i natali al più grande liutaio della terra, Antonio Stradivari, vanno conosciute meglio altre cose notevoli. 
Lo scopo del volume è anche quello di compiere sondaggi ravvicinati, cogliere curiosi o sublimi dettagli, proprio quelli che dovrebbero aiutare a riconoscere uno “stile”, una facies peculiare, gli aspetti e gli affetti di una gente, di un ambiente che, anche nelle consonanze con altri costumi, fatti, persone e luoghi affini, le città finitime di Lombardia, Emilia, Veneto, le città d’oltralpe, d’Europa, non mancano di distinguersi nei segni più lampanti, colti a volo nella prima panoramica; nei segni più tecnici delle pratiche costruttive; nelle memorie impresse nei libri, nelle stampe; nei documenti delle più caratteristiche occupazioni operaie e artigiane, industriali e agricole.






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