martedì 13 gennaio 2015

Primo Mazzolari: La Via Crucis del povero

Un libro dello scrittore cremonese che riflette, dal punto di vista religioso, sulla realtà dei poveri. Un testo, che rileggendolo nel contesto attuale, ho trovato di estrema attualità in un momento in cui i poveri stanno aumentando sempre più.

L’autore
Primo Mazzolari, (nato a Cremona nel 1890 e morto nel 1959) , prete della bassa padana, scrittore e autore di pagine intense con uno stile che potremmo ormai definire “mazzolariano”, per la sua singolarità e autenticità.
Mazzolari visse un’importante fase della storia della Chiesa italiana, quella dal passaggio da una situazione di cristianità a una di post cristianità, quando occorreva inventare una nuova esperienza di chiesa.
Vivendo a contato con la gente in parrocchie di campagna è riuscito a entrare pienamente nel vissuto delle persone partecipando alle loro vicende in modo solidale e vero.
Il suo pensiero, a mio avviso, non lo si può definire in una chiarezza di sistema: sono considerazioni che nascono a seconda delle occasioni e non si concretano in un progetto definitivo. Le sue argomentazioni sono “profezia”, un modo di esprimersi alto che nel suo tempo ha provocato spesso contraddizioni e incomprensioni.
Sono sempre stato affascinato dalla sua penna che procede per immagini, poesia, aforismi, illuminazioni che incantano e appassionano in una avvincente lettura.

I poveri secondo Mazzolari
Nel testo in questione la Via Crucis del povero emerge in maniera chiara ed evidente il pensiero di Mazzolari sulla povertà, che si sofferma sulla necessità dei poveri, i quali. anche secondo il Vangelo, “saranno sempre con noi”
In un suo scritto sul periodico, da lui fondato Adesso, diceva:
“Ci vogliono i poveri.
Date cinque e con la mano tenete il cuore chiuso: date dieci e il cuore lo tenete ancora più chiuso.
Perché teniamo il cuore chiuso con i poveri? crediamo forse ch’essi abbiano soltanto bisogno d’aumenti?
La povertà non si paga: la povertà si ama.”
E ancora in maniera più provocatoria:
“Qualcuno li vuole per una ragione romantica. Non so trovare una parola più propria, né mi sforzo di cercarla. Quando certi sentimenti mi fanno groppo, non sto a guardare nel vocabolario. Una pennellata di colore ci vuole, se tutti fossimo vestiti bene, che monotonia! Vicino alla pelliccia profumata ci vuole un povero scialle strappato; una blusa rattoppata vicino all’abito da sera. Ci vuole un piede nudo lungo il marciapiede tra tante scarpe di mocassino. Chi sta bene può anche vedere le cose sotto l’aspetto estetico. Egli vive di immagini, quasi fosse sempre a teatro, sempre spettatore, mai attore: mentre gli gioverebbe mettersi nella realtà per capire come sia diverso fare il povero dall’immaginarlo.”Adesso n. 8 – 30 aprile 1949

Il povero di fronte agli uomini
Il libro di Mazzolari inizia proprio mettendo la povertà dinanzi all’umanità.
Ho trovato veramente interessante questa considerazione:
“Crescono tutti i giorni. L’economia è irreparabile: il benestare è immesso in un cavagno, che fa acqua da ogni dove, e nessuno riesce a saldarlo. Si è tutti in discesa: per uno che riesce a puntellarsi, puntando magari sul vicino (c’è tanta ferocia nel mondo dello “star bene” quando lo si sente precario!) son dieci che precipitano.
Prima se ne vanno i soldi, poi la terra, poi la casa, poi il buon nome, poi più niente… gli zeri sono attaccaticci.
I debiti, le cambiali in protesto, la visita dell’usciere, le angherie del padrone, l’affitto non pagato, lo sfratto, le bollette del Monte, la multa …”
Un libro del 1938 che sembra scritto oggi con la nuova povertà che ci ha assalito, dove veramente le famiglie stanno soffrendo un crisi inarrestabile.

Il povero di fronte a Cristo
E’ un altro capitolo di questo libro dove analizza il fatto economico come una realtà con la quale bisogna fare i conti, tenendo sempre presente che l’uomo, anche nel benessere e nella ricchezza non risolve il suo problema della libertà e della dignità.
“Anche ricco, egli non cessa di essere schiavo: schiavo per ragioni diverse e sotto padroni diversi, ma sempre schiavo.
Gesù – dice Mazzolari – vede più realisticamente di ogni materialista. Egli non distacca l’uomo dal materiale, ma, invece di arricchire il povero, il che sarebbe la moltiplicazione degli infelici e l’aumento della malvagità, svaluta la ricchezza, togliendole quel valore fittizio che la nostra cupidigia e la nostra illusione le aggiungono di continuo.”
Il benestare del ricco, secondo l’autore, è sempre raffrontato al non avere del povero. Il suo benessere è sempre frutto di un confronto che, visto bene, è un sentimento feroce.
Il ricco ha bisogno dell’indigenza del povero per accorgersi che sta bene.
“Se avessi l’anima di un S. Francesco e ti mostrassi che sto bene anche senza quello che tu hai, ti toglierei la tua gioia, frantumerei il tuo idolo.”
Quindi il cristianesimo con Gesù che si fa povero, arricchisce il concetto di ogni persona che vale indipendentemente dal possesso e dal denaro
“Gesù non è soltanto il Gesù dei poveri, è il Povero, il più povero degli uomini.”
Inoltre non è giusto dire come anche alcuni cristiani affermano con troppa sicurezza:
“che uno è povero perché il lavoro, il risparmio ecc…
Vi sono condizioni sociali che fanno gramo lo star insieme degli uomini: vi sono secolari ingiustizie che rendono dura e tremenda la povertà, tramutandola in miseria.
Quando manca tutto, quando si ha fame, quando l’incertezza del pane, della medicina, della casa è l’incubo di ogni giorno, come voler vedere i segni di una vita umana e spirituale.”
Anche nel nostro contesto attuale queste situazioni di povertà si fanno oggi più evidenti e la nostra società reclama più equità, infatti la diseguaglianza sociale si sta avvertendo in modo sempre più drammatico.
Così Mazzolari parla di una rivoluzione sociale come una vera redenzione, che parte e si ritrova in questo abbraccio “dove i poveri hanno la faccia di Cristo e dove il cuore di un cristiano diventa il crocevia delle più sante aspirazioni umane.”

Considerazioni
Questo testo è veramente, a mio avviso, un libro che non invecchia.
Con grande intuizioni Mazzolari diceva già allora che "i poveri crescono tutti i giorni" perché sono una variante necessaria dell'economia dei mercato.
Oggi lo vediamo sempre in maniera più evidente come si continua a soffrire a causa dei rapporti sociali.
Dai suoi scritti e anche dalle considerazioni di questo libro si evince come Mazzolari tra il significato di povertà in senso evangelico e la situazione drammaticamente delle reale, invita la Chiesa ad impegnarsi nel grande obiettivo "portar via il peccato che crea la disuguaglianza e ogni male".
Mi è parso, quindi, il suo pensiero quello di lottare contro le ingiustizie e di battersi contro i soprusi e le malvagità che creano diversità sociali.
La strada che propone questa via Crucis è quella di saper guardare in faccia quella povertà che è dolore e sofferenza, ma incarnata da Cristo che l’ha vissuta in prima persona.
Un croce che però non è fine a se stessa e si apre alla Pasqua.
Però molti sono gli interrogativi che anche nelle ultima pagina del libro emergono.
“Come difendere la piccola fiamma della mia fede dalla fredda bufera della disumanità trionfante?”
Alla fine però prevalgono speranza e fiducia:
“Ma è proprio per questo, per questo urlo di barbarie che s’avventa contro la nostra Pasqua, che credo nella Pasqua come non vi ho mai creduto prima”.

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