giovedì 30 aprile 2015

Chiesa Monumentale di San Sisto a Piacenza


L'origine della chiesa viene da lontano.
La fondazione avvenne nell'896 per opera dell'imperatrice Angilberga, moglie di Ludovico II, che vi eresse un Monastero di Benedettine dove ella si ritirò lasciando la corte di Roma.
L'attuale chiesa fu progettata dall'architetto piacentino Alessio Tramello che la completò nel 1511.
Il triportico, la facciata e il monastero - non visitabile in quanto area militare - furono costruiti nella seconda metà del Cinquecento (1591-1596).
All'interno si rimane estasiati dalla ricchezza delle opere d'arte.
Il fregio che percorre tutta l’imposta della volta, in monocromo su fondo blu con motivi vegetali e figure allegoriche, e la prima cupola con Sibille sono di mano di Bernardino Zacchetti da Reggio Emilia, che proveniva dal cantiere di Michelangelo nella volta della Cappella Sistina. Gli affreschi delle cappelle sono in gran parte dei fratelli Antonio e Vincenzo Campi, cremonesi, mentre tra i dipinti sono da segnalare quelli di Camillo Procaccini (pala del terzo altare a destra e la drammatica Strage degli innocenti nel coro) e di Jacopo Palma il Giovane nel coro
Il convento fu soppresso in epoca francese e trasformato in caserma, come è tuttora, mentre la chiesa divenne parrocchia sostituendosi a Santa Maria di Borghetto, di cui oggi rimangono solo due colonne inglobate in un edificio.
Si tratta di un monumento, nei dintorni di Cremona, da conoscere e da ammirare...
La facciata
Il soffitto a volta


L'ingresso dall'interno
Il presbiterio


La volta

Il chiostro d'entrata

Chiostro d'ingresso

Chiostro interno

Chiostro interno con i portali











mercoledì 15 aprile 2015

Basilica di Santa Maria in Campagna a Piacenza

Un altro monumento di rilievo, non lontano da Cremona, nella vicina città di Piacenza è la Basilica di Santa Maria in Campagna dell'Architetto Alessio Tramello.
In comune con la Cattedrale di Cremona abbiamo il nome del pittore Giovanni Antonio De Sacchis detto il Pordenone, per non parlare poi di Bernardino Gatti e Camillo Boccaccino...CONTINUA




















La Basilica di S.Agostino a Piacenza



Si tratta di un imponente edificio sacro collocato sullo Stradone Farnese a Piacenza.
Il complesso monumentale di S. Agostino, comprendente chiesa e monastero, è stato fondato dai Canonici Regolari Lateranensi, un ordine religioso che anche nella vicina a Cremona ha lasciato un’altra chiesa di indubbio valore come quella di san Pietro al Po...CONTINUA












lunedì 13 aprile 2015

Il castello di Breda de' Bugni a Castelverde

In piena campagna a poca distanza dal centro abitato di Castelverde si erge un'antico edificio di fascino particolare.
Il complesso si compone di un fabbricato rettangolare, rinserrato a nord  e a sud da due torrioni muniti di apparato a sporgere e sormontati da merlatura cieca.
In corrispondenza dell'ingresso, posto al centro della fronte orientale, sono ancora molto evidenti le tracce del ponte levatoio e della ponticella pedonale: chiare testimonianze, insieme alle due torri suddette, del preesistente castello trecentesco.
La struttura e la sua evoluzione storica è ben descritta da Vittorio Cugola e Giorgio Roveri sul sito del Comune di Castelverde che qui riporto.
La bibliografia parla per la prima volta di Breda de' Bugni nel 1338: "...da Giuseppe Bugni discese Pino, il quale avendo castello ed ampio possedimento in una braida suburbana, come rilevo da un rogito di Cabrino Fondulo de Millio del 1338, ad essa il proprio nome lasciò, che Breda de' Bugni tuttora si chiama, ed è posseduta della nobile famiglia de Trecchi.".
Nel 1452 il Castello passò nelle mani della famiglia Castiglioni, quella di Baldassarre, che lo vendette a partire dal 1486 Jacopo Trecchi. Da qui in poi, grazie alla famiglia Trecchi, inizierà, nel corso dei secoli, un crescente sviluppo dell'attività agricola.
Il palazzo era principalmente dedicato allo svolgimento delle funzioni pubbliche della nobiltà mentre la villa serviva al controllo ed alla direzione del patrimonio e delle attività agricole, comprendendo in questo anche la gestione ed il commercio dei prodotti e delle acque.
Facendo un passo indietro, cercando di capire perché la costruzione di un castello, con l'arrivo del medioevo, alcuni punti del territorio furono scelti con criteri militari per creare sicurezza a qualche valvassino, tributario verso il feudatario maggiore, ivi residente con funzioni governative, nei vari aspetti di giudice, di esattore, di defensor.
In tali località pertanto sono state erette ex-novo o sono state rafforzate preesistenti costruzioni rispondenti agli intenti delle nuove strutture amministrative. E' questo forse il motivo in origine di un imponente edificio-fortilizio, munito di torrioni laterali, di ponte levatoio all'ingresso, di fossato perimetrale, ingentilito nella parte retrostante da un corpo longitudinale sorretto da un porticato rinascimentale a colonne: il castello residenziale di Breda de' Bugni.
L'intuizione della Chiappa Mauri secondo la quale l'incastellamento in area cremonese era finalizzato al controllo delle acque piuttosto che delle strade, sembra adattarsi perfettamente alla situazione di Breda de' Bugni e di Castelverde. Ma la diffusa presenza di tracce di organismi castellati, già rilevata in passato dei censimenti delle ville e dei castelli della provincia di Cremona, trova ora una possibile ipotesi. Le strutture che conservavano l'assetto degli antichi castelli, come ben documentato dalle tavole del catasto teresiano, sono state solitamente modificate, tranne Breda de' Bugni che ha conservato un'estetica castellata della sola parte più antica, anche se riferibile ad un'epoca posteriore a quella medioevale.
Probabilmente nella concezione originale il castello doveva essere a pianta quadrata con una torre a ciascuno dei quattro angoli, ma non portato a compimento per ragioni che a noi sfuggono, esso fu invece integrato all'aggiunta rinascimentale, e subì certamente trasformazioni ancora in epoca ottocentesca. La parte più antica è nelle sue linee architettoniche la più rispettata, anche se il ponte levatoio è scomparso, la postierla murata e le finestre del piano terreno ridotte. Pure tutte le finestre centinate del piano nobile sono rimaste pressocché intatte, e l'intero loro stipite è magnificamente decorato con terre cotte in basso rilievo che richiamano temi e perizia di terracottai. I temi sono candelabre, ossia composizioni ornamentali a rilievo che richiamano la forma di candelabri stilizzati affiancate da cornucopie, ossia vasi a forma di corno coronato d'erbe, di fiori, riempito di frutta e simbolo d'abbondanza, elegantemente distribuite. Troviamo queste decorazione, praticamente uguali nel palazzo Trecchi della città di Cremona. Le finestre del piano terreno conservano parziale cordonatura rettangolare di ovuli e fogliette, ossia una decorazione a rilievo simile a una cordicella.
La sua importanza storica, che purtroppo non si riesce per ora a ricostruire con documenti della tradizione scritta, pare doversi almeno dedurre dal fatto che nel passato Breda de' Bugni sia stato Comune con inclusione di Castagnino Secco e non viceversa, com'è oggi. Castagnino Secco è stato poi denominato "Castelverde" per il dettato del R.D. 10 luglio 1968 n. 4486.
L'edificio residenziale vero e proprio sorge sul lato occidentale dell'ampia corte rurale, come dimostrato posteriore, con ingresso a sud. Ne scaturisce una situazione soltanto in apparenza incoerente: è infatti verso la corte, cioè un ambiente già protetto, che l'edificio in questione possiede un aspetto propriamente fortificato, che invece gli difetta sugli altri lati; dove peraltro forse esso non venne ultimato. La costruzione che si vede ora non è più castellana, anche se alcuni elementi formali appartengono probabilmente all'edificio munito del Tre-Quattrocento: torri, attacchi del ponte levatoio ecc.
L'edificio consiste di un unico corpo principale lineare, con torri all'estremità, dalle merlature inglobate nella muratura, secondo il modulo fancelliano; si ha un massimo di compattezza verso il lato d'accesso dalla strada, secondo le associazioni di elementi usuali delle costruzioni munite più o meno rispondenti alla tipologia del castello-cascina della bassa lombarda; accesso centrale sottolineato intensamente dalle feritoie delle catene dei punte, poche aperture e ridotte rispetto alla stesura del paramento murario di mattoni, alte su una scarpa.
Su questo lato prospettano le altre costruzioni rustiche di età notevolmente più tarda che racchiudono un'aia di enormi dimensioni. Verso la campagna, al contrario l'edificio è completamente aperto con capitelli marmorei del colonnato del porticato rinascimentale, estremamente aereo, di proporzioni e di dettagli stilistici notevolmente più sofisticati del resto della costruzione.
La natura così diversa delle due parti della costruzione e l'avvenuta successione Bugni - Castiglioni - Trecchi aprono la via all'ipotesi che qualche grave fatto fosse accaduto ai Bugni in conseguenza forse di mutamenti politici, e già prima del passaggio di proprietà cessasse il completamento dell'edificio-castello sicché i nuovi proprietari ne facessero un adattamento più civile con l'aggiungervi il corpo retrostante sorretto dal porticato.
L'organismo, oggi privo del fossato che lo circondava e che probabilmente era parte del nodo idraulico da presidiare in associazione alla viabilità che affiancava i canali di adduzione e di scolo, resta comunque interessante per capire il valore della rappresentanza del potere feudale o padronale, mostrato in ricche forme architettoniche.
Lo studio stratigrafico del prospetto nord, est e sud della villa padronale in Breda de' Bugni non presenta delle grosse incongruenze, ma sono visibile alcune sostituzioni e riparazioni. Il castello rispetta la successione cronologica costruttiva tranne in alcune parti, soprattutto sul fronte nord, dove si riscontrano interventi evidenti successivi alla costruzione.
Breda de' Bugni è un monumento di alto interesse dell'architettura medioevale e rinascimentale posto nella campagna a breve distanza dalla città, che inizia la sua rinascita come agriturismo.

giovedì 9 aprile 2015

L'organo-orchestra Lingiardi in San Pietro al Po

L'organo orchestra è uno degli strumenti più affascinanti dell'Ottocento italiano.
I fratelli Lingiardi di Pavia, principali fautori di questo tipo di attività organaria, sono stati attivi dal 1807 al 1920 realizzando 271 organi in Italia e anche all'estero.
L'organo, realizzato nella Chiesa di San Pietro al Po del 1877, è l'unico, dei cinque organi-orchestra supersititi, interamente funzionante ed è rimasto tale e quale secondo le caratteristiche ideate dall'autore.
Gli interventi di restauro conservativo fino ad oggi sono stati tre.
Il primo ad opera di GIUSEPPE ROTELLI nel 1903 con sui si è messo in atto la modifica dell’impianto di manticeria, l' unione dei due impianti del vento e la riduzione generale della pressione.
L'altro significativo restauro è stato quello della DITTA MASCIONI nel 1988 con il mantenimento delle modifiche e delle pressioni realizzate da Rotelli.
L'ultimo intervento è stato quello di GIANI CASA D’ORGANI nel 2008 che ha realizzato un restauro fonico, la ricostruzione delle parti alterate nell’impianto del vento e la separazione dei due condotti primari, ripristino delle due diverse pressioni secondo le antiche indicazioni dell’autore.
Di seguito riporto la
SCHEDA TECNICA realizzata da Giani Casa d'organi.
L'organo è posto in cantoria sul portale d'ingresso e racchiuso in elegante cassa riccamente decorata e dorata.
Il prospetto, dal profilo rettilineo, è composto di 33 canne in unica campata disposte a tre cuspidi.
Le bocche sono allineate con labbro superiore a mitria segnata dall'interno.
La trasmissione è interamente meccanica per tastiera, pedaliera e registri.
Le tastiere, poste in consolle a finestra, sono dotate di 61 tasti ciascuna (ambitoDo1/Do6) ; i diatonici sono placcati in osso ed i cromatici sono in noce ebanizzato.
La pedaliera del tipo a leggio, è dotata di 17 pedali con ambito Do1-Mi2 (di 12 suoni reali), di seguito, due pedali ad incastro per Terzamano e Rollante.
La divisione tra bassi e soprani è Si2/Do3.
I registri sono comandati da manette lignee a movimento orizzontale ed incastro verticale a fine corsa alla “lombarda”, disposte in due colonne a destra della tastiera e una a sinistra, contrassegnate da targhette cartacee non originali -riprodotte sulla base di alcune targhette originali superstiti- poste tra le feritoie e recanti una singolare disposizione fonica tra cui spiccano molti strumenti dell'orchestra come:
Corni Dolci
Czakan
Flauto Traversiere
Viola
Violetta
Oboe
Trombe
Fagotto
Corno Inglese

Controfagotto
Clarone
Corno Bassetto
Ottavino
Cornetto
Bombardino
Bombardone
Timpani
Nella cassa armonica, guidata dalla seconda tastiera, troviamo altri interessanti registri quali:
Violino dolce 
Violino di concerto
Viola 16' s.
Violoncello 16' s.
Arpone 8' b.
Dulciana 4' b.
Flauto in Selva 8' s.
Voci Umane 16' s.
Sotto la tavola della registrazione sono posti i due pedaloni per l'inserimento del Ripieno e della “Combinazione libera alla lombarda”, a destra è posto il pedalone per la combinazione libera alla cassa armonica; sopra la pedaliera sono collocati due pedaletti che comandano rispettivamente: Campanelli alla Tastiera e Tam-Tam.
L'impianto della manticeria è composto da cinque mantici, tre del tipo “a Lanterna” e due del tipo a cuneo di cinque pieghe ciascuno così collocati: i quattro a lanterna sono collocati uno sull'altro nel basamento della cantoria mentre i due cuneo sono collocati all'interno dell'organo.
Per cogliere le potenzialità di questo straordinario strumento propongo un video con l'intervento del maestro Marco Ruggeri che riesce in maniera ottimale a far emergere tutte le sonorità del Lingiardi.




mercoledì 8 aprile 2015

Alla scoperta della Rocca di Soncino

La Rocca di Soncino venne costruita dagli Sforza nel 1473. 
Il progetto fu affidato all' architetto Bartolomeo Gadio.
Il suo intento fu quello di dare alla struttura un impronta tipicamente militare e questo in forza della sua posizione nelle immediate vicinanze dell'Oglio, fiume che rappresentava una difesa naturale dei confini orientali del Ducato di Milano nei confronti della Repubblica Veneta.
Ammirando le sue caratteristiche architettoniche si nota in maniera evidente la funzione difensiva di fortezza costruita proprio nel periodo della diffusione della polvere da sparo, infatti essa presenta spesse muraglie, bassi torrioni, imponente rivellino e profondi fossati.
In questo filmato, realizzato dall'Associazione Castrum Soncini, guidati da due simpatici e competenti giovani, c'è la possibilità di entrare, con le immagini, e di ammirare questa superba fortezza


lunedì 6 aprile 2015

Visitiamo il Teatro all'Antica di Sabbioneta guidati da Philippe Daverio

Philippe Daverio, in questo filmato, ci guida alla scoperta del Teatro all'Antica di Sabbioneta.
 Un gioiello di rara bellezza nel quale, grazie alle descrizioni di Daverio,  ci immergiamo e ne gustiamo il superbo fascino.
Un monumento da conoscere ed ammirare della nostra Bella Italia...


Sabbioneta: Vespasiano Gonzaga e il suo sogno di pietra

Vespasiano Gonzaga Colonna è un personaggio di grande spessore con un  ruolo importante nella storia d’Europa. 
Condottiero, mecenate, diplomatico, legislatore, politico, Vespasiano fu uomo al confine tra realtà e leggenda: forse uccise la moglie e il figlio, ebbe amori sofferti (la relazione con Sofonisba Anguissola non fu mai chiarita), ispirò Tasso e Shakespeare, e formò una raccolta d’arte tra le maggiori d’Europa. 
Ossessionato dal sogno di creare una città ideale, una “Piccola Atene”, Vespasiano è il fondatore, nel mezzo della Val Padana, di Sabbioneta, singolare esempio di città ideale... Una vicenda degna di un romanzo, una vita da conoscere meglio insieme alla sua stupenda città.


sabato 4 aprile 2015

Arcimboldo e la sua famosa "Natura morta" al Museo di Cremona

Giuseppe Arcimboldo (Milano 1526 - 1593) è passato alla storia per le fantasiose "teste composte", ritratti burleschi combinati con elementi della stessa natura prodotti ortofrutticoli, pesci, libri, uccelli e altro.
A Cremona, nel Museo Ala Ponzone, è conservata la sua  "Natura morta" o "Ortolano", un quadro molto noto riportato sui testi di storia dell'arte.

Interessante la recensione su "Grand Tour. Oltre le visite guidate", pubblicata sulla pagina facebook:

La tendenza a flettere la realtà in caricatura doveva venirgli, forse, dall’essere milanese. 
In quei nasi a peperone, in quelle teste di rapa, in quelle lingue taglienti di fuoco vibra un’aria famigliare, tra Carlo Emilio Gadda e Dario Fo. 
L’inclinazione all’iperbole, connaturata ai suoni impuri del dialetto locale, si riverberò sulla pittura e accolse nuovi stimoli quando, sulla fine del Quattrocento, giunse a Milano Leonardo da Vinci, che dello studio della fisionomia aveva fatto una via privilegiata alla conoscenza dell’anima e dei suoi moti. 
Come frutto inaspettato e da subito maturo, nacque così, nell’immaginazione di Giuseppe Arcimboldi (noto come Arcimboldo), l’arte della “testa composta”, che ricostruiva un’immagine somigliante del viso e del corpo attraverso oggetti a essi estranei. 
Apparentemente semplice, perché intriso di allusioni scherzose, il genere richiedeva immensa perizia perché carote, polli, coralli e fiori fossero accostati gli uni agli altri in modo da costruire un insieme coerente e mantenere nello stesso tempo la propria riconoscibile identità. 
L’organismo messo a punto dal pittore faceva convergere, con l’artificiosa disinvoltura del Manierismo, le metafore della poesia, le virtù allegoriche e descrittive del ritratto e un’attenzione lenticolare, di scientifica esattezza, nella descrizione della natura. 
Messa al servizio della corte praghese di Rodolfo II, che dell’autunno del Rinascimento italiano colse i frutti più capricciosi e raffinati, l’arte estrosa di Arcimboldo dava un significato nuovo alle libere e pazze combinazioni degli elementi naturali che avevano dato vita alla grottesca. 
Distillando i succhi del Cinquecento italiano, la corte di Praga ne ambientava i temi in un orizzonte che si appassionava allo scherzo e alla maschera, ma che, nel fondo della sua disperata intellettualizzazione era, forse, consapevole di rappresentare la dorata eclissi dell’età precedente. Apoteosi del doppio senso (e quindi del “non-senso”) della pittura, sono le “teste reversibili”, come quella del Museo Ala Ponzone di Cremona. 
Nel Trattato dell’arte della pittura, del 1584, Giovan Paolo Lomazzo, parlando di Arcimboldo, ci dà una descrizione precisa di questo artificio: “ancora si possono fare medesimamente le figure perfette da vedere, che poi rivoltato quelle di sotto di sopra ci appaiono avanti agli occhi altre figure molto sconformi dalle prime già vedute e molte altre simili bizzarrie si possono fare”. 
Dipinti non maneggiabili e imbarazzanti (perché ignoriamo prima di tutto se dovessero essere esposti come ritratti o come nature morte), le “teste reversibili” cercavano dunque, attraverso il gioco e la metafora, un nuovo destino per l’uomo, ormai lontano, nella seconda metà del Cinquecento, dalle limpide certezze rinascimentali. 
Con il suo farsi “cosa”, L’Ortolano di Cremona fornisce all’aguzzo dilemma intellettuale dell’epoca una risposta sardonica e lungimirante, a un passo dal farsi “umani” dei frutti all’interno di una canestra di paglia, dipinti a Milano, per la collezione di Federigo Borromeo, dal giovane Caravaggio.